Qual è il modo migliore per cominciare l’anno nuovo? Quello di festeggiare in una abitazione pulita ed ordinata, e col metodo Osoji ci riuscirai in un lampo.
In Giappone esiste una parola che racchiude un concetto molto più profondo di un semplice colpo di scopa: Osoji. Con questo termine si fa riferimento ad una sorta di grandi pulizie domestiche, un po’ come quando da noi si usa procedere con le pulizie di primavera. A Tokyo e dintorni però è usanza farle a fine anno, in modo tale da potere inaugurare l’arrivo di quello nuovo con la casa al massimo delle condizioni. L’idea alla base dell’Osoji è che lo sporco fisico sia l’equivalente materiale dell’energia negativa.
Accumulare disordine, trascurare gli angoli nascosti o conservare oggetti inutili non appesantisce solo l’armadio, ma blocca anche il flusso vitale all’interno della nostra quotidianità. Per i giapponesi, pulire non è una punizione o un dovere noioso, ma un atto di liberazione. Entrare nel nuovo anno con la casa sporca significherebbe portarsi dietro i pesi, i fallimenti e la “polvere” dei mesi precedenti.
Ma come si mette in pratica questo rituale senza farsi sopraffare dallo stress? Il segreto sta nel metodo e nella consapevolezza. Non si pulisce a caso. L’Osoji segue regole precise, quasi cerimoniali. Si inizia dall’alto verso il basso: si parte dai soffitti, dalle ragnatele e dalle parti alte degli scaffali, lasciando che la polvere cada sul pavimento, che sarà l’ultima cosa ad essere pulita.
Si procede poi dalle zone più interne verso l’ingresso, simboleggiando l’atto di spingere via il vecchio e il superfluo fuori dalla porta di casa. Un altro aspetto fondamentale riguarda l’eliminazione del superfluo. Non si può fare un vero Osoji se non si ha il coraggio di buttare ciò che è rotto o che non serve più. Questo passaggio è forse il più catartico: staccarsi dagli oggetti significa fare spazio a nuove opportunità.
È un esercizio di distacco che aiuta a fare chiarezza anche dentro se stessi. Una volta liberati gli spazi, si passa alla pulizia profonda, quella che normalmente rimandiamo per pigrizia: l’interno dei cassetti, i vetri, i filtri dei condizionatori.
L’aspetto più affascinante dell’Osoji è però l’approccio ecologico e spirituale. Molti preferiscono utilizzare ingredienti naturali come aceto, bicarbonato o acido citrico, evitando detergenti chimici aggressivi. Questo perché il rituale deve essere un gesto di cura verso l’ambiente in cui viviamo, non un’aggressione.
Pulire diventa così una forma di meditazione attiva: mentre sfreghiamo una superficie o riordiniamo un ripiano, stiamo mettendo ordine nei nostri pensieri. Alla fine del processo, la sensazione di leggerezza è palpabile. La casa appare più luminosa, l’aria sembra più fresca e la nostra disposizione d’animo cambia radicalmente.
Affrontare il primo gennaio in un ambiente purificato ci dà una spinta psicologica enorme, facendoci sentire pronti, carichi e, soprattutto, liberi da vecchi fardelli. In fondo, l’Osoji ci insegna una lezione preziosa: per far entrare il nuovo, bisogna prima fare spazio, con umiltà, pazienza e una buona dose di olio di gomito.
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